martedì 13 agosto 2013

Immersione e divisione: il fuoco della Missione




Commento libero al Vangelo di domenica 18 agosto

Lc 12, 49-53



Gesù di Nazaret cammina dritto e deciso su Gerusalemme perché sa bene che il cuore di quel sistema ingiusto che affama e impoverisce la sua gente si trova là. Sulla strada condivide con i suoi amici quanto gli ribolle dentro. Un fuoco che non si tiene, carico di passione per il popolo e di incontenibile voglia di cambiare il mondo. Che non si consuma, come il roveto ardente di Mosé (Es 3). Non quello che distrugge, come chiedono Giacomo e Giovanni per chi non segue il Maestro (Lc 9,54). Ma il fuoco dello Spirito che porta e alimenta vita. Come quello che si accende la sera nei villaggi in fondo al Ciad, all’inizio della stagione secca, per scaldare corpi e tenere lontani bestie selvatiche e serpenti. Per ritrovarlo al mattino al centro di un grappolo di persone che si stringono in attesa dei primi raggi caldi del sole. Ma anche il fuoco che scalda l’acqua per la polenta (di miglio e di sorgo, che in Italia si danno spesso e volentieri agli uccellini e ai maiali!) e per il the e i cuori di coloro che attendono l’unico pasto del giorno!

Quel fuoco Gesù vuole gettarlo sulla terra, non vede l’ora che contagi tutti! E’ venuto per quello, perché tutti abbiano vita abbondante (Gv 10,10). Perché ognuno possa lasciarsi bruciare dentro, come i due di Emmaus (Lc 24,32) dalla Parola di vita e da quel profondo desiderio di spezzare la nostra vita per qualcosa per cui vale la pena vivere e anche morire! Come amava ripetere Martin Luther King. Per questo Gesù parla della sua immersione, il battesimo di fuoco, quello della sua passione, morte e resurrezione. Missione è lasciarsi immergere nell’amore così forte di Dio che è capace di pagare il prezzo più alto. Lasciarsi immergere nella vita del popolo con la sua lingua, cultura, tradizioni, cibi, modi di accompagnare i momenti importanti della vita. Non per assimilare tutto, ma per permettere di passare ogni aspetto della vita al vaglio del Vangelo. Per annunciare quanto fa crescere gli uomini e le donne e denunciare quanto li fa regredire. Andando sempre e comunque oltre! Oltre le religioni, le tradizioni, le convenienze, i colori della pelle, i soldi in tasca. Per cercare di diventare finalmente fratelli. Anche con i musulmani che incontro in capitale, N’Djamena, e sulle strade, ora fangose, del Ciad. L’ultima sera prima di rientrare in Italia mi hanno fatto festa e abbiamo mangiato insieme falene (una specie di farfalloni) fritte! Un modo per condividere amicizia e sogni. E andare oltre pregiudizi e barriere.

Quel fuoco che brucia e quell’immersione che butta dentro, senza paura, nel diverso non sono certo fatti per farci restare tranquilli e in pace. Un missionario porta sempre in cuore sane inquietudini, per dirla alla Tonino Bello, finché sulla terra ci sono ingiustizie e diseguaglianze. Missione è non sedersi mai, mai comodi, perché il fuoco brucia dentro e non puoi spegnerlo. Parola del profeta Geremia! (Ger 20,9). Anche Gesù era inquieto! Non stava certo tranquillo e in pace con l’aria che tirava nella sua terra. Uomo di pace, non in pace. Scomodo e segno di contraddizione! (Lc 2, 34). Capace di portare l’inevitabile divisione tra chi vuole andare avanti con il vecchio e lo status quo (il padre, la madre, la suocera) di un sistema che affama 870 milioni di persone nel mondo e chi vuole invece ribaltare le cose e osare il nuovo (il figlio, la figlia, la nuora) quanto mai urgente. Tra chi si affida alle certezze della legge a servizio dei potenti e chi prova a vivere il Vangelo della rivoluzione a servizio degli ultimi. Tra chi in Ciad si nasconde e si rifugia nelle certezze delle tradizioni secolari che dettano cosa e come fare nei vari frangenti della vita e chi prova la libertà di Gesù di Nazaret e del suo progetto delle Beatitudini. Il bivio tra la schiavitù dell’Egitto e la libertà della Terra Promessa. Tra il marcire dentro la comodità, il privilegio e la “globalizzazione dell’indifferenza” (che anche percorrono, come forti tentazioni, le nostre povere comunità cristiane in Ciad) e il lanciarsi fuori, sull’onda della missione senza frontiere, il rischiare tutto a costo di perdere tutto. Per tutto ritrovare.

Come ci diceva anni fa a Taizé quell’amico e  profeta di Frère Roger:

Meglio buttarsi nell’imprevedibile di Dio che rifugiarsi nelle certezze degli uomini!”.

 

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